22-2-2222
Arriva, sparisce, ritorna improvviso, portatore di scompiglio: un vento cupo, che i vecchi ricordano.
Tutti i tetti gli appartengono e sembra non fermarsi, proprio come il tempo. Oggi siete con me, domani: proprio mentre guarda fuori, grazie al sistema di telecamere, il vento che smuove le cose. Le cime degli alberi, i prati. Dal bunker, in effetti, non si vede un granché. La solitudine è piena; piena di persone che fanno quello che devono fare, certamente in attesa, la solita solitudine brulicante di gente che lo ha reso impenetrabile, anche in un attimo terribile come quello. Nessuno può decidere per lui. Si invecchia, sta pensando, ma l’anima resta uguale. Le ossa delle mascelle contratte e lo sguardo non conoscono rughe. La famiglia è alloggiata al sicuro, a debita distanza. Inspira, espira:
anche il Mondo trattiene il fiato
e questo lui lo sa, è ovvio. Da giovane avrebbe sorriso, adesso invece mi invoca. La stanza è circolare, come alcuni dicono del tempo. Bianca, in contrasto con il tavolo ovale composto da un unico blocco vetroso scuro, che è anche sede di una complessa consolle, al cui centro c’è una piccola area rotonda, rossa e pulsante. Mi sono accomodata in una delle due poltrone bianche, dall’ alto schienale. Quella che mi permette di godermi lo spettacolo delle piccole lucine intermittenti e scritte e sigle sui monitor che formano la superficie di questo strano tavolo. Lui è in piedi al mio fianco. Non sono qui in veste di giudice, anche se in passato ho avuto a che fare con dispute di varia specie; certo, anche questa non è delle migliori. Sono qui perché da sempre ispiro parole a chi comanda: sono Calliope, Καλλιόπη, dalla bella voce, musa dell’eloquenza.
Sono Musa ora e sempre, e nello scorrere del tempo ho avuto prova che molti Re e Principi o Condottieri per citare un non più vivente Sir Churchill, non sanno quello che stanno per dire, e, quando parlano non sanno quello che dicono. E quando si sono seduti, non sanno quello che hanno detto. Sono la più anziana, tra le Muse ed insieme a Clio, la più severa.
C’è poco da scherzare quando le parole dette o taciute possono causare il male per l’intero pianeta.
Non sento il peso degli anni ma sono consapevole che in questo Mondo del nuovo millennio non mi si invoca per ispirare un poema, come capitò al vecchio cieco Omero. E’ più probabile che si tratti dello scontro tra un monosillabo che afferma ed uno che nega che della ricerca delle giuste e sagge parole. Ma… una bella voce come la mia non può e non deve intervenire senza un giusto supporto. Dal tavolo si innalza un suono lieve, un arpeggio ed il canto di un uomo, ma Lui non lo sente.
La sua mente è presa da un’unica domanda, mentre milioni di altre creature innalzano al cielo la loro: che ne sarà di noi? Non sente la musica, per ora, ma non mi chiede della vittoria, con un’ espressione distaccata da buon vecchio predatore che ha imparato a controllarsi, sa bene che non è prevista. Andrà molto diversamente dall’ ultima guerra, non resterà nessuno ad inneggiare. Lui non abbassa mai lo sguardo ed io, non sbatto mai le palpebre.
Potremmo restare così per cento anni, ma non abbiamo tutto questo tempo.
Gli faccio segno di ascoltare. Note di chitarra.
Un brano del ’71 di un altro secolo, di un gruppo chiamato Who e riportata in vita in questo millennio dai Limp Bizkit.
No one knows what it’s like
To be the bad man
To be the sad man
Behind blue eyes
No one knows what it’s like
To be hated
To be fated
To telling only lies
But my dreams
They aren’t as empty
As my conscience seems to be
Nessuno sa come ci si sente
Ad essere l’uomo cattivo
Ad essere l’uomo triste
Dietro gli occhi azzurri.
Nessuno sa come ci si sente ad essere odiato
Ad essere accusato di dire solo bugie.
Ma i miei sogni non sono così vuoti
Come sembra essere la mia coscienza.
Come è possibile che in una guerra ultramoderna io senta l’eco di un suono preciso, ritmato. Cavalli al galoppo. Un suono che non mi piace, quei quattro quando arrivano portano male, portano l’Apocalisse. All’improvviso non ho più voglia di sagge parole.
L’attimo è cruciale e ne approfitto per accontentarlo. La sua domanda è breve. Le ragioni di una conflitto sono sempre enormi agli occhi dell’Uomo, e minuscole agli occhi degli Dei. Uno di certo è dalla sua parte.
Il Dio della Guerra, Marte. Lo scontro aspetta solo un cenno, come un’entità malefica. Non è abituato a dubitare, ma quello che potrebbe succedere alla Terra è ben noto. Sfrutterò i Tarocchi, per rispondergli. La domanda è:
Guerra Totale, Morte e Distruzione?
Sfrutterò anche l’unica possibilità che ho di influenzare la sua ispirazione, inviandogli una singola emozione. Forte e densa, prima di aprire gli arcani nel gioco della Triade. Una sola immagine, che Apollo mi aiuti, presa dal profondo della sua anima, un unico suono o evento che giochi a favore del genere umano.
Il cui Destino non è nelle mie mani, purtroppo. Gli ispirerò una singola vibrazione, niente parole stavolta. Molte o poche, resteranno solo le sue. Nel gioco della Triade le Carte sono solo tre: La prima rappresenta chi fa le domande, la seconda è il domani, la terza l’Esito Finale.
Mescola rapidamente e spacca il mazzo in due, voltando verso l’alto il gruppo di carte restato nella mano sinistra.
Chiudo gli occhi, infine, li riapro ed appare il primo arcano:
I have hours,only lonely
My love is vengeance
That’s never free
Ho ore, in totale solitudine
Il mio amore è una vendetta
Che non è mai libera.
L’Appeso rovesciato. Lui chi è?
L’arcano che più di altri ci riporta all’intento di superare le prove più dure che la vita impone
Le sue azioni lo rendono disponibile a ciò che agisce su di lui, proprio perché è un tarocco rovesciato. La visione purtroppo è distorta e quella lunga corda lo lega a qualcosa che lui stesso sa essere negativo. La carta della contraddizione e del sacrificio.
Se al diritto questo arcano porta la comprensione di un sacrificio personale, teso all’ oblio di sé, quando è sottosopra il sacrificio si compie ed il prezzo lo pagano gli altri.
Quelli che non c’entrano, che non hanno voce in capitolo sulle decisioni da prendere. Sono tremende le forze che lo hanno condotto fin qui, ma più importante ancora è l’energia del prossimo passo.
E’ già rivolto con lo sguardo alla seconda carta estratta, mentre la musica procede inesorabile, come la pressione della mia ispirazione su di Lui:
No one knows what it’s like
To feel these feelings
Like I do
And I blame you
No one bites back as hard
On their anger
None of my pain and woe
Can show through
Nessuno sa come ci si sente
A provare questi sentimenti
Come faccio io,
e me la prendo con te
Nessuno si trattiene così tanto
dalla sua rabbia.
Nessun mio dolore né disgrazia
Può trasparire
Fissiamo entrambi la carta collegata al domani,
Sei di coppe
Là dove è nascosto il bambino interiore ora emerge, dal profondo; insieme alla nostalgia di un passato che non può tornare nella stessa forma, ma mantiene intatto il suo richiamo. Reagisce col cuore generoso di ogni bambino. Spinto da cosa? Il ricordo di una promessa o l’odore eterno del mare. Reagisce e chiama la Vita per nome.” Madre. Riprendimi con te, mi sento lontano.”
La musica accompagna ora le sue mani, mentre rimescolano e riaprono il mazzo di Tarocchi, nell’esito finale:
La Temperanza
But my dreams
They aren’t as empty
As my conscience seems to be
Ma i miei sogni
non sono così vuoti
Come sembra essere la mia coscienza.
I have hours, only lonely
My love is vengeance
That’s never free
Ho ore, in totale solitudine
Il mio amore è una vendetta
Che non è mai libera.
L’ equilibrio vitale raggiunto con l’autocontrollo e la moderazione, come chi avendo sete, travasa l’acqua senza versarla. Questa carta contiene una forza misteriosa e guaritrice.
No one knows what it’s like
To be the bad man
To be the sad man
Behind blue eyes
Nessuno sa come ci si sente
Ad essere l’uomo cattivo
Ad essere l’uomo triste
Dietro gli occhi azzurri.
Le Luci della stanza si abbassano al suo passaggio ed un varco luminoso si evidenzia di fronte al grande tavolo. Nemmeno lo guarda, lo sta già oltrepassando mentre dice al Mondo ed al Nemico: Pace.
Ω αδελφαί, αύ η ανθρωπότης εσώθη.
Pronuncia:O Adelfè av i anthropotis essothi
Sorelle, di nuovo l’umanità si è salvata.