Il suo magnifico volo fatto di ascensioni in verticale e picchiate spericolate, la rende quello che è: L’Aquila, amata Regina dei dirupi e delle vette, volteggia sicura sull’ Arca Esoterica.
Il nome della famiglia delle Aquile è Accipitridae e sono più grandi e forti di qualsiasi altro rapace, eccetto l’avvoltoio. Hanno grandi becchi, zampe forti e muscolose, artigli potenti. Il predatore Homo Sapiens non poteva non restarne affascinato e dentro di sé l’ha immancabilmente associata all’ aria ed alla forza, così come il Leone rappresenta la forza in terra…I suoi occhi, dalle grandi pupille, hanno una vista molto più acuta di quella di noi bipedi. Costruiscono il nido in luoghi inaccessibili, nella norma una femmina ha due pulcini, ma spesso quello più forte uccide quello più debole. Sembrerebbe quasi logico che il più forte rispetti la Legge del più Forte, ma Madre Natura è la più esperta selezionatrice, non guarda in faccia a nessuno, come stiamo tristemente imparando. Da antichi aquilotti fratricidi magari deriva anche la leggenda arcaica e cristiana di Caino e Abele, rivelando una similitudine storicamente accertata.
Amiamo l’Aquila perché una parte della nostra anima, quella forse annidata nell’ amigdala, la zona più antica del nostro cervello, quella dove risiedono gli istinti primari, sente il Mondo come le Aquile e come tutti i predatori
ci somiglia.
She watches from her mountain walls,
And like a thunderbolt she falls.
Dalle sue muraglie montuose lei scruta
E come la folgore cade in picchiata.
A.Tennyson
La immagino volare fuori dall’ Asso di Coppe, dal cuore dell’uomo per accompagnare pensiero ed azione nell’ avventura detta vita, come ha sempre fatto.
Oggi i tetti delle nostre case appartengono solo a passeri, gabbiani e meccanismi di volo artificiali ma un tempo ne era padrona; come non restare con il fiato sospeso, quando magari faticosamente arrampicandosi per giungere in cima ad un semplice monte, l’essere umano la guardava volando nel vento, mirare direttamente al sole, da sempre uno dei suoi emblemi. L’abbiamo invocata al nostro fianco in battaglia, su vessilli ed effigi, l’abbiamo legata a nomi di re e spesso tiranni, su monete e bandiere. Si possono avere in antipatia i gatti, aver paura dei cani ma è raro che qualcuno affermi: io odio le aquile. Verrebbe guardato come uno stupido o forse un invidioso.
In tutte le culture del pianeta trova posto con onore, in antico Egitto l’anima veniva spesso rappresentata con le sue ali, per propiziare il passaggio a nuove vite. Nell’ antica Grecia era sacra a Zeus ed è molto probabile che anche il sogno ribelle di Icaro, quello di sfidare a costo della vita la legge di gravità sia nato invidiando il suo modo di volare.
Il termine Aquila è latino e probabilmente deriva dal nome Aquilo
il vento del nord e l’aquila imperiale, il cui simbolo fu ereditato dagli etruschi, ad ali spiegate era il perenne marchio dell’impero romano. Nel mondo cattolico è associata ad uno degli Apostoli, Giovanni e nei secoli a grandi guerrieri fino a Napoleone Bonaparte. Vittorioso, sostituì il simbolo nazionale , il gallo, con l’imponenza dell’ aquila, che di certo impressionava i nemici molto di più.
Nella mitologia dei popoli nordici appare in diverse leggende e nell’ alfabeto runico, la magica Runa Othala è associata all’ Aquila ed all’ energia vitale di ogni stirpe.
Nell’ arco della loro storia, i vichinghi la venerarono ma preferirono utilizzarla come Belva da Guerra, in quel momento erano forse belve essi stessi, addirittura adottando una terribile pratica di tortura che chiamarono “Aquila di sangue” a discapito dei loro nemici. Idea non del tutto nuova se ripensiamo al mito di Prometeo, che per rubare il fuoco e donarlo agli umani, fu condannato da Zeus a restare perennemente incatenato ad una rupe mentre un’aquila lo divorava. Ruoli cruenti a parte, per l’umanità ha sempre rappresentato l’intelligenza e lo spirito coraggioso, quello d’avventura e di conquista. Gli statunitensi, per tenerlo a mente, hanno la sua immagine sul dollaro, come molti altri popoli prima di loro.
Quattro sono i re del mondo, il leone tra le fiere, il bue tra gli animali domestici, l’aquila tra i volatili e l’uomo tra tutte le creature; ma la Vita sta sopra tutti.
(Proverbio ebraico)
I nativi americani avevano grande rispetto per la regina dei cieli: le sue piume potevano adornare solo i combattenti più valorosi. Spesso era per loro uno Spirito-Totem, un simbolo di Potere interiore e conoscenza. Il Totem era infatti un animale simbolicamente unito alla persona se non all’ intera tribù, che doveva essere protetto, preservato in un rapporto di cura reciproca. L’ immagine del guerriero indiano con il copricapo di penne d’aquila (detto in seguito War Bonnet dagli invasori) che pratica la Danza del Sole fa capire la profonda simbiosi tra umano e natura che vivono gli indiani d’America. Ad oggi, per legge, negli Stati Uniti solo ai membri certificati della Nazione Indiana è permesso possedere penne d’ Aquila.
Un’aquila che diventa il nostro spirito Totem, vive nell’ aldilà ma la sua presenza diventa percepibile nel nostro vivere quotidiano ed influisce positivamente.
Ne siamo convinti al punto che ci ha accompagnato fin sulla Luna: Aquila, (Eagle), era il nome del Modulo di Ascesa della Missione Apollo 11, quella che ci ha fatto conquistare la Luna:
“ L’aquila è atterrata”.
Neil Armstrong, 20 luglio del 1969.
Il modulo di risalita Eagle dell’Apollo 11 è decollato dal Mare della Tranquillità per ricongiungersi con il modulo di comando in orbita.
Dopo l’attracco, Neil Armstrong e Buzz Aldrin sono tornati nel Columbia da Michael Collins, insieme a 22 chilogrammi di roccia lunare. L’equipaggio ha quindi chiuso il portello e il modulo di comando è tornato sulla Terra. Prima di partire, però, hanno sganciato l’Eagle, lasciandolo in un’orbita retrograda a circa 125 chilometri sopra l’equatore lunare. La NASA ha sempre pensato che quest’orbita fosse instabile e che qualche tempo dopo l’Eagle si sarebbe schiantato sulla superficie del nostro satellite. Ma una nuova analisi, suggerisce che è ancora lassù, essenzialmente nella stessa orbita dove è stato lasciato.