Il suo ruggito sembra la voce di un demone o forse di un dio. Sale sull’ arca esoterica con la calma dei forti, la sua agile compagna lo precede con un balzo.
Un animale da branco di cui è la guida. Lungo quasi due metri col suo peso di circa duecento chili, non è certamente l’animale più grande ma in natura non ha predatori.
Viene considerato un re perché si trova al vertice della catena alimentare, ma anche perché è per sua natura un dominante. Come Homo Sapiens abbiamo sempre voluto almeno provare a controllare l’ambiente intorno a noi, fin da quando ci raggomitolavamo intorno ad un fuoco in una caverna. tentando di controllare eventi che non si comprendono, che ci travolgono Il rito è una delle forme arcaiche (e moderne) per mettersi in contatto, fisicamente e mentalmente, con la divinità.
Ogni volta che facciamo un gesto o un’invocazione o un cerimoniale con cui manifestiamo un concetto nei confronti di un Essere Superiore, facciamo un rito.
Ogni rito si compone di simboli ed il leone, fin dal Paleolitico è uno di quelli più potenti tutti i popoli entrati in contatto con lui ne sono restati impressionati, tramandando la sua immagine come esempio di grandezza.
Sia i maschi che le femmine della nostra specie, in un dato momento nella vita, invocano dentro di sé il coraggio del leone. Ognuno di noi può augurarsi di avere la sua forza nel combattere, per sopravvivere, per difendere il nostro gruppo.
L’uomo è un predatore eppure davanti a lui, in assenza di sbarre divisorie, al solo sentire il suo odore selvatico, davanti alle sue cicatrici e a mani nude, resta una preda con la voglia di darsela a gambe levate. “Colui che ha visto il leone ruggire non fugge allo stesso modo di chi lo ha soltanto sentito.” Proverbio africano Il leone è un antico simbolo dell’elemento Fuoco, spesso associato a divinità solari: come Dioniso, dio greco dell’energia della natura al momento del risveglio, che in primavera diventava un leone. Come Mitra, un arcano dio dell’India che i romani ereditarono facendolo diventare il protettore delle loro legioni.
La femmina della specie, la leonessa era sacra ad antichissime dee, quali Ishtar e Cibele, entrambe volti della Madre Terra. Quella che crea, quella che distrugge.
Fin dall’ epoca degli antichi greci e romani, splendidi animali collegati con le più diverse leggende trovarono il loro posto tra le stelle e così è anche per il Leone, associato ad Ercole, il leggendario semidio greco ed alle sue fatiche.
Nei bestiari medievali, il leone è dotato della capacità di dormire ad occhi aperti quando in realtà dorme profondamente ad occhi chiusi: chi fa la guardia è la leonessa che dorme con un occhio solo.
Era considerato un guardiano “mistico”, un protettore la cui effige poteva dare forza, sia in occidente che in oriente, come testimoniano gli innumerevoli leoni a guardia davanti alle porte delle chiese, soprattutto a partire dal XII secolo d.C. nel periodo romanico e gotico.
La raffigurazione del leone, dunque, percorre ininterrottamente la storia dell’uomo ad iniziare da ventimila anni fa, mantenendo intatta la sua simbologia di forza, potenza e regalità. Nel medioevo gli alchimisti vedevano nel leone il simbolo del materiale grezzo, non trattato.
I cristiani ne hanno da sempre una duplice visione: una saggia ed una malvagia forse eredità del fatto che nelle arene romane i leoni, prigionieri ed affamati anche loro, se li divoravano senza pietà? Il Leone fu comunque considerato dai cristiani un emblema del diavolo, dell’eresia, e, in particolare, del peccato d’orgoglio, ma era anche l’emblema del Cristo (il leone di Giuda) e di San Marco. Il leone è la seconda belva che Dante, nella sua Divina Commedia, incontra e che insieme alla lonza ed alla lupa gli impediranno di salire sul colle, obbligandolo a scendere all’ Inferno.
Così appare il leone al Poeta: “Con la test’alta e con rabbiosa fame si che parea che l’aere ne tremasse”. Forse parte di una visione o di una metafora negativa, dove la megalomania e la violenza presenti in ogni tempo e luogo sono da condannare soprattutto se alimentate dalla tipica avidità umana. In molte antiche leggende, si ritrova il tema del sacrificio del leone da parte dell’eroe che con esso ha precedentemente combattuto, così accade nell’Epopea di Gilgamesh” il combattente di leoni della Mesopotamia, all’ eroe ebraico Sansone che «squarciò il leone come si squarcia un capretto», fino alle elleniche fatiche di Ercole.
Miti in cui l’affrontare il leone e vincerlo valeva come prova di forza da parte dell’eroe, ma anche come vittoria sulla forza bestiale da parte della forza spirituale.
L’uomo che vince la belva che è dentro l’uomo.
” Cecil era un bel leone in carne ed ossa, fatto secco per sport. Cecil è un simbolo, a guardia delle nostre coscienze. Il logos dell’arroganza dell’essere umano. È il simbolo dell’avidità, della crudeltà inutile. E’ il simbolo di una scomparsa lenta e costante, la scomparsa di un felino così maestoso e potente dalla faccia della terra. Si dice estinzione, si legge stupidità umana. Ogni anno seicento leoni sono massacrati nei Safari per ricchi signori. Una aberrante tradizione “culturale” portata avanti dai veri mostri. Con i soldi, si sa, si può tutto, anche distruggere il pianeta”. Antonella Sinopoli
L’ augurio ai macellai è che la Vita glielo renda.
Associo liberamente il leone, organizzatore di leonesse e difensore del territorio,
al Tre di denari
l’arcano della solidità e del successo dovuti ad un lavoro di gruppo. Il dono che porta è la comprensione del fatto che ogni individuo ha qualcosa di unico da offrire e lo fa a modo suo, secondo la propria natura, nel raggiungimento del benessere del suo branco. La carta è collegata al reale valore del concetto di importanza, esattamente come può essere importante un re: questa volta il Vello d’Oro è la pelle stessa dell’Eroe e la ricchezza conquistata è la possibilità di una vita libera e felice.
La Verità è come un Leone; non devi difenderla. Lasciala libera; si difenderà da se.
Sant’Agostino