Il sangue, il ritmo, l’invitante tesoro della Vita


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insieme al rumore degli zoccoli sulla passerella che porta all’ Arca esoterica, avanzano con la forma del bellissimo quadrupede. I muscoli perfetti, la groppa dal pelo lucido e brillante, i grandi occhi cristallini nei quali ci si può specchiare. Non c’è da meravigliarsi che, al vederlo al galoppo, gli antichi popoli del mondo abbiano pensato ad una creatura divina, forse nata dalle viscere della terra o forse dal mare. il cavallo è presente nei riti egizi come in quelli greci, detti riti dionisiaci, che celebravano la fertilità e che erano officiati in onore delle divinità rappresentanti la sensualità più sfrenata. Anche i termini quali “puledro”, “giumenta”, “cavallo” e l’espressione “cavalcare” assumono un significato erotico ambiguo che ha ispirato idee poetiche e filosofiche sia antiche che recenti.

Presso i celti il cavallo era sacro alla dea Epona, accompagnata da uccelli che cantavano per risvegliare i morti ed in mano la Ruota del Destino. Nell’ Iliade Omero lo paragona alla spuma del mare mentre Shakespeare esalta la sua energia positiva nel verso: la terra canta quanto lui la tocca.

Una leggenda beduina dice che Allah prese una manciata del Vento del Sud, vi alitò sopra creando il cavallo e disse: “la virtù risiederà nel ciuffo della tua fronte e nella forza nel tuo dorso”.

La perfezione del sogno sotto forma animale crea Pegaso

il cavallo alato, padrone anche dell’elemento aria.

Pegaso

Si racconta che Poseidone, il dio del mare, si innamorò di Medusa, custode del tempio di Atena e la sedusse proprio all’interno del tempio. Atena, arrabbiata per questo atto, trasformò Medusa in un orribile mostro con la testa ricoperta di serpenti e la maledizione di trasformare in pietra ogni essere vivente che guardava il suo viso. Secondo la mitologia Pegaso nacque dal sangue di Medusa, quando fu decapitata da Perseo, figlio di Zeus. Molti anni più tardi, Atena diede a Bellerofonte, un valoroso guerriero, le briglie d’oro per domare il cavallo. Lo aspettò vicino ad una sorgente, il cavallo si inginocchiò per bere e Bellerofonte, uscito dal nascondiglio lo imbrigliò e gli balzò in groppa. Pegaso non era mai stato montato e cercò di disarcionarlo, senza riuscirci, perché Bellerofonte era un abile domatore di cavalli. Da quel momento diventarono amici inseparabili, vivendo insieme molte avventure.  Bellerofonte era un uomo un po’ troppo ambizioso e voleva volare fino al Monte Olimpo, la dimora degli Dei, per diventare immortale. Zeus allora, per punire la sua insolenza, mandò un tafano che punse Pegaso, il cavallo sgroppò, facendo precipitare il cavaliere sulla Terra. Pegaso restò con Zeus, che lo utilizzò per condurre nel cielo il suo mitico carro, che trasportava le folgori. Anche Aurora, la dea dell’alba, a volte cavalcò Pegaso tenendo la torcia per scacciare la notte e dare inizio al nuovo giorno. Gli dei amavano Pegaso e, come ricompensa per il suo servizio, Zeus lo trasformò in una nube di stelle che divenne una costellazione con il suo nome, visibile dalla Terra nel cielo notturno.

Un’ altro animale magico sicuramente ispirato al cavallo è l’unicorno

Cavallo

di origini orientali e conosciuto in occidente sempre grazie ai greci: bianco, come Pegaso ed altrettanto ribelle poteva essere domato solo da una vergine. L’essere umano ha inventato briglie e morso, ma non riuscirà mai del tutto a imbrigliare la natura del cavallo e lo ha sempre saputo, come dimostrano i miti a lui connessi. Creatura libera e selvaggia legata proprio alla terra e al vento. Imponendosi al suo spirito, l’uomo ha trovato un valido aiuto per lavorare e per muoversi nel mondo con più velocità, ma poi resosi conto della sua grande intelligenza lo ha trasformato in un compagno d’arme…il cavallo in guerra, per amore del cavaliere, diventa quasi folle, va contro la sua stessa natura portandolo in groppa verso qualsiasi nemico.

Un combattente dall’indole pacifica che non indietreggia davanti alla Morte

così come prova la storia del magnifico Bucefalo, il cavallo tanto amato da Alessandro Magno e quella di tanti altri equini meno noti ma non meno coraggiosi.

Nell’ antica Roma ad esempio, gli esemplari destinati alla cavalleria venivano consacrati a Marte all’inizio delle campagne militari, ma al termine di queste, sei mesi più tardi, se ne sceglieva uno da sacrificare il 15 ottobre, cioè all’indomani del raccolto, in una festa chiamate il Cavallo di Ottobre (October equus). Cosa che doveva essere terribile, per chi aveva cresciuto e curato quel cavallo, ma veniva fatto ed accettato in un’ottica arcaica di devozione al Dio della Guerra.

Presso quasi tutte le società antiche ogni essere vivente era considerato sacro e quindi messo in relazione con il divino; via via anche a divinità dalla parvenza umana furono associate caratteristiche animali, divenendo così creature ibride: basti pensare alla Dea Ecate, detta appunto la Dea dai tre volti, con tre teste: una di cavallo, una di cane ed una di rana. Molte popolazioni scelsero il cavallo come totem, come animale guida, che li guidava e li proteggeva e di cui si potevano acquisire le caratteristiche incidendo la pelle o realizzando tatuaggi con la loro immagine. E’ simbolo dell’inconscio, della forza del desiderio e domarlo si associa al padroneggiare le forze interiori.

Alleato indispensabile all’uomo, presente sia sul campo di battaglia che nel lavoro è parte di tanti nostri miti medievali, mediterranei e nordici. Ricorderemo i feroci Quattro Cavalieri dell’Apocalisse della cultura cattolica:

Apocalisse

uno incarna la conquista militare, (un cavallo bianco, un cavaliere con arco).  Uno si associa alla violenza ed alle stragi (un cavallo rosso ed un cavaliere con spada). Uno alla carestia (un cavallo nero ed un cavaliere con una bilancia) ed uno alla Morte con un cavallo verdastro. Cavalcano insieme, guidati da un angelo, e tutti speriamo lontano da noi.

Il Cavallo appartiene dunque secondo le leggende, all’ acqua ed al fuoco ed ha il potere con i suoi zoccoli di far nascere sorgenti o di richiamare gli spiriti delle tempeste e, quindi, nell’ immaginario umano è parte sia della luce che dell’oscurità, così come nel cupo dipinto “Incubo” settecentesco, del pittore Fussli, dove si mostrano gli abissi del lato inconscio dell’uomo.

Uomo

Non è così semplice condividere la propria vita con un cavallo, le metropoli non sono e non saranno mai il suo habitat, ma in molti sulla terra lo amano e resteranno al suo fianco per non farlo sparire dalla nostra vita rendendogli in parte quello che ci ha donato nel corso del tempo.

Associo il cavallo al quattro di denari, l’arcano minore detto Lo Scudo, ciò che difende portando stabilità e fortuna.

Cavallo fortuna

Dagli abissi dell’anima alla vetta del rispetto: la cavalleria da sempre è stata l’arma nobile per eccellenza anche perché solo un ricco, allora come oggi, poteva permettersi il lusso di possedere, mantenere e governare un cavallo, con tutti gli annessi e connessi. Tutti gli altri a piedi, con spadoni, scudi, picche e lance.  Ad ingrossare le fila della cavalleria difatti erano tutti i figli «cadetti» delle famiglie aristocratiche o dell’alta borghesia che, dopo aver lasciato al primogenito titolo e terre, mandavano gli altri a combattere. Con l’arrivo delle armi da fuoco, l’uso della cavalleria perse gradualmente importanza nella tattica militare.

Ciò non accadde a Isbuscenskij, seconda guerra mondiale, quando i 700 soldati italiani del «Savoia», reparto a cavallo, furono circondati da 2.500 soldati sovietici. Alle prime fucilate, il colonnello ordinò all’alfiere di dispiegare il vessillo del reggimento con la bandiera italiana e partì la carica. Quel giorno il nemico venne spazzato via.

Questa fu l’ultima carica di cavalleria della storia: eroici cavalli e cavalieri contro mitragliatrici ed armi moderne.

Questi cavalli che ci offrono calici di vento

Che conoscono il nostro peso segreto

Che ci obbediscono fin sul precipizio

Che ci fanno sorridere di orgoglio

Per cederci la ribalta e il primo piano

A questi cavalli, che ci misurano la paura ed il coraggio

Il nostro saluto in piedi e con il cuore in mano

G.Moscatelli

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